Le cooperative di comunità per 'salvare' i borghi dallo spopolamento. Seminario a Legacoop Calabria con il responsabile nazionale del settore Paolo Scaramuccia

Quando sinergia e coesione in un comunità si fondono mettendo a sistema le attività di singoli cittadini, imprese, associazioni e istituzioni e rispondendo così ad esigenze plurime di mutualità, nasce un modello di innovazione sociale dove i cittadini sono produttori e fruitori di beni e servizi.

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Delle cooperative di comunità come modello di rigenerazione sociale ed economica per dare "più fiducia alle persone più valore ai territori" si è discusso questa mattina nella sede di regionale di Legacoop Calabria – in via Fares a Catanzaro – nella alla presenza di Paolo Scaramuccia, responsabile nazionale delle Cooperative di Comunità di Legacoop. Ad aprire i lavori, il presidente di Legacoop Calabria, Lorenzo Sibio. "Nel giugno 2019 Legacoop, insieme a Coopfond, ha promosso un bando per la costituzione di questo tipo di cooperative che interessano molto anche il nostro territorio – ha spiegato il presidente regionale di Legacoop -. Le cooperative di comunità si basano su alcuni pilastri fondamentali: il coinvolgimento di tutti i cittadini, come singoli, imprese e istituzionali, che svolgono attività economica per l'interesse generale della comunità, quindi si lavora per costruire il benessere della comunità, quindi a livello sociale, e non solo per fare reddito. In Calabria abbiamo già sei esperienze, ma è importante diffondere questo modello perché la nostra regione potrebbe avere in queste cooperative un grande volano di sviluppo economico e sociale". Una regione, la nostra, in cui i territori sono a rischio spopolamento o di degrado abitativo, e "queste cooperative favoriscono proprio il recupero, la rivitalizzazione dei borghi attraverso l'utilizzo dei beni comuni e quindi il coinvolgimento dell'intera collettività". A relazionare sul tema "Le cooperative di comunità, modello di sviluppo territoriale, il vice presidente di Legacoop Calabria, Maurizio De Luca. "Non contano dunque la tipologia della cooperativa (di lavoro, di utenza, sociale, mista, ecc) o la tipologia delle attività svolte, quanto piuttosto la finalità di valorizzare la comunità di riferimento – ha spiegato il vice presidente De Luca -. E' chiaro che le cooperative di comunità valorizzano la centralità del capitale umano, il che significa impostare modelli organizzativi e gestionali che favoriscano la partecipazione e coinvolgimento. Si tratta di esperienze che coniugano le tematiche e valori della cittadinanza attiva, della sussidiarietà, della gestione dei beni comuni e la solidarietà. Ogni cooperativa è unica e inimitabile nel suo genere, per dimensioni, obiettivi e attività, perché diverse e uniche sono le peculiarità della comunità, diversi i bisogni e le modalità di risposta che affondando le proprie radici nella storia e nei modi di essere di quella specifica comunità". Un importante sostegno alle cooperative di comunità può arrivare anche da Banca etica, che come ha spiegato la consulente Simona Spagna, nasce per avvicinare la finanza etica al territorio, ed è la banca per cui "l'interesse più alto è l'interesse per l'altro"."Le cooperative di comunità sono un'opportunità per quei cittadini che non intendono arrendersi al declino di alcuni territori – spiega invece Scaramuccia - ma che non attendono nemmeno la risposta delle istituzioni o di altri soggetti che possano risolvere magnificamente un problema ma si mettono in gioco valorizzando la cittadinanza attiva non in a logica associativa o volontaristica ma secondo una logica di impresa. Secondo noi la valorizzazione di un territorio e la creazione di opportunità nascono dal creare ricchezza, cosa che presuppone una logica imprenditoriale: sotto questo aspetto le cooperative di opportunità sono uno strumento per valorizzare il territorio e le sue risorse, le conoscenze di quel territorio e la passione dei cittadini di quel territorio e tutto ciò che quei cittadini ritengono fondamentali per la ricchezza della comunità, dai beni comuni a tutto quello che serve alla comunità o che la comunità esprime. Mettere a sistema queste risorse e queste opportunità crea opportunità di sviluppo sostenibile e intergenerazionale". "Abbiamo tantissimi esempi di cooperative di comunità – ha raccontato ancora - . Uno di questi è in ambito urbano, a Perugia, dove un gruppo di ragazzi appassionati di cinema hanno deciso di riaprire una storica sala cinematografica, creata quasi 100 anni ma da 14 anni chiusa. La zona era diventata preda del degrado, una piazza di spaccio, e invece questi ragazzi hanno coinvolto gli abitanti del quartiere e della città e si sono resi conto che la gente percepiva quel cinema e quello spazio come un elemento fondamentale per la cultura e per la storia della città, e molti cittadini hanno così deciso di diventare soci di quella cooperativa. E' nata così una cooperativa di spettatori, così la chiamano, nella quale i cittadini non decidono solo il bilancio ma sono coinvolti nella elaborazione del programma e in tutte le attività che vengono svolte, e poi propongono loro stessi nuove iniziative, dedicando a esempio una giornata alle coppie che hanno appena avuto un bambino, con spazi per l'allattamento e orari diversificati, e quel posto è diventato il classico "baby pit stop". Un altro esempio riguarda un gruppo di giovanissimi soci che hanno salvato un paese di 80 abitanti nelle Alpi ligure partendo dalla gestione del Parco avventura e riaprendo il bar, il market e altri luoghi che era chiusi da decenni, ridando così un futuro a quel territorio. Anche la Calabria può vantare un primato nell'ambito della rigenerazione sociale a cui le cooperative di comunità si ispirano: lo ha raccontato Roberta Caruso chiudendo i lavori del seminario di questa mattina. Il piccolo e bellissimo borgo della frazione di Vaccarizzo nel comune di Montalto Uffugo di soli 500 abitanti, infatti, è il luogo prescelto per un esperimento ed un progetto a livello internazionale che sarà guidato dal prestigiosissimo MIT di Boston, Massachusetts. La frazione di Vaccarizzo verrà trasformata in un prototipo di "rigenerazione sociale", con un'iniziativa che coinvolge ben 35 paesi e che mira al ripopolamento delle aree cosiddette "marginali".Ben 300 saranno i team impegnati nel progetto ed ogni team dovrà elaborare una valida idea di trasformazione sociale. Il progetto denominato "I live in Vaccarizzo" sarà l'esperimento per valutare i risultati dello stesso per poi esportarlo altrove. La proposta di tale progetto è stata presentata da Brit, una innovativa start up specializzata in progetti e proposte mirate a rigenerare borghi antichi e dimore a rischio abbandono. Dieci erano le location italiane nelle quali sperimentare tale progetto e, fra tutte, queste la prescelta è stata Vaccarizzo: la finalità del progetto è non solo bloccare lo spopolamento ma invertire la rotta e avviare il processo inverso del ripopolamento attraverso determinati attrattori.