La metafora

di Nino Mallamaci* - Un conoscente mi telefona, un giorno, e mi chiede un appuntamento urgente, per una cosa della quale mi deve parlare di persona. Cosa mai vorrà, mi chiedo io. Mezz'ora dopo siamo seduti uno di fronte all'altro. E' elegantissimo come sempre. Abito sartoriale, rolex al polso, gemelli d'oro, all'anulare un brillante che brilla tanto da accecarmi la vista. Dopo i convenevoli, viene al dunque. Mi chiede un prestito. Una somma cospicua, non quattro spiccioli. Mi dice che ha avuto grossi problemi. Una malattia in famiglia, come ultima sciagura.

Ma scusa, gli chiedo, tu hai un ottimo lavoro, e da tanto tempo, come può succedere che una malattia ti possa mettere in ginocchio fino a questo punto?
Sai, mi risponde, questa, te l'ho detto, è solo l'ultima di una serie di vicende che hanno interessato la mia famiglia. Ho dovuto cambiare l'auto, io viaggio molto quindi ho preso una di quelle sicure, per non correre pericoli sulla strada. Un'Audi con la quale si va che è un piacere, e purtroppo queste macchine costano. Poi i miei figli! Guarda, per la scuola e l'università mi stanno facendo spendere una barca di soldi. Intanto, non era il caso di mandarli alla scuola pubblica, sai bene come funziona. E l'università! Il più grande ha voluto per forza andare a New York. Vuole fare l'interior designer, e certo lì ci sono molte più prospettive. Perdonami, insisto, ma dato che sei venuto a chiedermi dei soldi mi devo spingere oltre il normale, non te ne avere a male.

Ma no, per carità, mi fa, ci mancherebbe. Dimmi pure.
E io: ma tu, non hai tanti beni immobili ereditati da tuo padre e da tuo suocero, tanti appartamenti e magazzini, anche sulla via principale della città? E mi sembra che siano tutti affittati, quindi ti devono rendere parecchio.

Sì, ma sai, in queste cose io sono un po' trascurato. Da un lato. Dall'altro, da quando mi sono messo in politica ho leggermente allentato. Sai, anche quello è un serbatoio di voti. Per esempio, la sede della federazione delle associazioni......quella è di mia proprietà, però ho chiuso un occhio, con loro, e in cambio mi hanno sostenuto a spada tratta con migliaia di loro associati. Insomma, forse non mi sarei dovuto trovare in questa situazione. Ma ormai ci sono e ne devo uscire. E se non si è solidali in momenti come questi, a cosa si riduce la nostra vita? E poi, non posso vendere la macchina, la villa, la casa al mare. Non posso fare cambiare abitudini ai miei figli, a mia moglie. Ne soffrirebbero troppo, anche dal punto di vista psicologico. Siamo in vista, siamo conosciuti, sarebbe un colpo troppo pesante. Comunque, io lo so che per te la solidarietà non è una parola vuota. Ti conosco bene.

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E va bene, dico io, mi conosci bene, anche se non ci siamo mai frequentati tanto, a dire il vero. Però io non posso rischiare, ho anch'io la mia famiglia, le mie necessità, le mie spese, i miei bisogni. Fammi pensare, va bene? Dammi qualche giorno di tempo e vediamo, ci devo riflettere.

E no, ribatte lui, non ho tutto questo tempo. I soldi mi servono adesso, dopo può essere tardi. Potrei finire in bancarotta, potrei rovinarmi definitivamente. Lo devi fare subito, altrimenti che parliamo a fare di comunità, di mutuo sostegno. Tutte belle parole, poi, al dunque, tutti si tirano indietro.

Il colloquio finisce così. Ci salutiamo, e gli prometto che gli darò notizie entro qualche giorno. Salgo sulla mia utilitaria e mi allontano, preso dai miei pensieri. Ad un tratto, nello specchietto retrovisore, vedo una di quelle auto enormi, che occupano un'intera carreggiata, che chiede strada. Mi faccio da parte, oltre la linea gialla. Lui mi passa accanto, abbassa il finestrino e "Ti raccomando, bisogna essere solidali, siamo una famiglia".
Un sibilo, e trenta secondi dopo è già lontano.

*scrittore e avvocato