A Bisignano la cultura non è un prodotto da vendere a buon mercato

Riceviamo e pubblichiamo:

 

In un comunicato stampa del 26 luglio scorso l'Amministrazione Comunale ha annunciato di aver rilanciato culturalmente la città di Bisignano. In seguito a un articolo apparso su gazzetta del Sud, l'assessorato alla cultura ha risposto affermando il recupero culturale bisignanese.

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Il titolo dell'articolo pubblicato in rete "Abbiamo rilanciato culturalmente la nostra Bisignano" irrompe nella calura estiva come a voler dire che in città la cultura si è finalmente svegliata da un periodo di letargia e grazie solamente alla sensibilità di pochi adepti si è destata dal torpore di anni bui. A parte che Bisignano non si è mai fermata in fatto di cultura e tradizione anche attraverso il lavoro di studiosi impegnati quotidianamente nella ricerca e che la cultura stessa è sempre in evoluzione a prescindere dalle tavole rotonde, la questione a Bisignano non si esaurisce solamente in qualche polemica da bar ma affonda le radici in un contesto più ampio che come in tutti gli altri luoghi riguarda l'enunciazione stessa di cultura.

Tra le definizioni di cultura assimilabili attraverso il vasto panorama di studi compiuti per scoprire i diversi significati del termine non vi è quello che si tratti di un prodotto da vendere a buon mercato. Preposto che la cultura non è l'insalata, non è possibile assumere una sola definizione di cultura poiché il termine racchiude diversi significati. Si potrebbe affermare che la cultura è qualcosa che è acquisito e per questo motivo è contrapposta alla natura che è qualcosa d'innato.

Il concetto scientifico di cultura, vale a dire lo studio approfondito di questa "materia", si ha con l'antropologia che riconosce il valore delle forme d'organizzazione sociale e dei costumi di tutti i popoli, compresi i primitivi. Tutti i popoli prima di giungere allo stato di civilizzazione hanno percorso una fase di sviluppo storico-culturale evolutiva altrimenti sarebbero rimasti allo stato primitivo e barbarico. Ogni popolo è cultura in evoluzione a prescindere da un'azione di forzatura indotta da un movimento culturale, politico o di altra natura.

Che la cultura influisca in qualche modo sullo sviluppo di un individuo è solo una parte dell'apparato materiale, umano e spirituale con cui l'uomo può venire a capo dei problemi specifici e concreti che gli stanno di fronte. Per questo quando si afferma di avere rilanciato culturalmente qualcosa si commette sempre una forzatura e specialmente se si tratta nello specifico di una comunità. Cosa diversa è promuovere la cultura.

Rilanciare una città attraverso una serie d'iniziative culturali atte a risollevare l'interesse per argomenti storici, economici e sociali è un lodevole sacrificio da parte degli autori che mettono in moto il processo culturale rivolto a tutti e non solo attraverso l'organizzazione di eventi svolti all'interno di spazi chiusi e angusti che richiedono solamente presenze impettite e menti istruite.

La tutela del patrimonio artistico, il rilancio culturale e la valorizzazione di un territorio non devono essere eventi di promozione straordinaria ma di vita ordinaria di una comunità. Quando un'istituzione ha bisogno di lottare anche contro i mulini a vento per comunicare il tentativo di riabilitare la cultura in un preciso luogo significa che il danno sociale è fatto, pertanto le diatribe (pubblicate sui giornali) non giovano alla causa, anzi, finiscono per aumentare la distanza fra il valore del progetto istituzionale e la collettività provocando anche qualche avversione.

Alberto De Luca